mercoledì 26 aprile 2017

Bruno Segre: la resistenza della nonviolenza. Da Il manifesto


Foto di Pietro Pinna, primo obiettore di coscienza italiano non per motivi religiosi. Fu difeso al processo da Bruno Segre

Da Il manifesto del 26 aprile 2017
di Maurizio Pagliassotti, Marco Vittone
Nel suo studio settecentesco è stratificato il secolo breve. Qui lavora Bruno Segre, partigiano e avvocato. Novantotto anni di vita spesi come in un romanzo, tra pallottole bloccate da un portasigarette in metallo, alla Torino di Natalia Ginzburg e di Cesare Pavese, alle primissime cause in difesa degli obiettori di coscienza fino alla battaglia civile per il divorzio. Bruno Segre nella sua lunga vita ha vissuto tutto.
Partiamo da Torino, e dal suo cambiamento nel corso dei decenni.
Un immenso cambiamento. Ricordo una città piccola e gentile, con le lampade a gas nelle vie del centro, poi diventata grande e caotica, che ora torna ad essere più attraente, simile a quella che ho vissuto da ragazzo. Cambiano la cultura, nelle città come nella morale: per baciare una ragazza qui a Torino ci volevano mesi, corteggiamenti serrati. Ora, non è più così: tutto è divenuto più veloce. Una città cosmopolita, lo è sempre stata. Cosmopolita e industriosa, che ha fatto del lavoro un primato morale. Io ce l’avevo con la Fiat: i benefici del lavoro operaio li hanno avuti gli Agnelli, che hanno fatto ben poco per accogliere i nuovi lavoratori che giungevano dal Sud, e non solo, nella seconda metà del Novecento. Le spese per rendere la vita civile a queste persone (trasporti, ospedali, scuole, ecc.) se le accollò il Comune di Torino.
E gli Agnelli chi sono stati?
I padroni della città.
Cosa furono le leggi razziali a Torino?
Mi colpì l’indifferenza della gente: gli ebrei in Italia erano circa quarantamila, molti occupavano cattedre universitarie, alcuni erano filantropi che avevano gratificato con donazioni le Istituzioni cittadine. Ci fu una sorta di umiliazione collettiva. Una celebre caffetteria del centro espose il cartello: «Qui gli ebrei non sono graditi». Molte ditte dovettero chiudere o cambiare denominazione. Constatai un diffuso egoismo, la gente approfittava dell’emarginazione e discriminazione degli ebrei per prendere il loro posto. Cosa ancor peggiore fu l’espulsione dalle scuole. Quando furono attuate le normative antisemite, gli studenti ebrei all’università potevano terminare gli studi (io mi laureai con Einaudi) ma non proseguire altri corsi universitari. Viceversa gli ebrei tedeschi dovettero cessare subito il corso di studi senza laurearsi. Ciò palesa la sudditanza del fascismo agli ordini del nazismo. I fascisti emergevano per ignoranza e stupidità. Molti ebrei che non sapevano di essere tali, lo scoprirono solo quando furono perseguitati.


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Cesare Pavese

Perché entrò nella Resistenza?
Sono sempre stato antifascista: da ragazzo fui cacciato dall’aula scolastica perché mi dichiaravo contro la guerra in Etiopia. Nell’inverno del ’42 sono stato tre mesi incarcerato alle Nuove perché accusato di disfattismo.
Il momento dell’arresto?
Nel ‘42, avevo scritto l’unico articolo antirazzista apparso in Italia sulla rivista torinese L’igiene e la vita, subito soppressa. Nelle carceri Nuove la vita era terribile, quell’inverno fu il più freddo del secolo. I vetri delle celle erano rotti dai bombardamenti. Fu il “generale inverno” a bloccare l’avanzata dei carri armati tedeschi in territorio russo. Ci trattavano come animali, alla domenica ci davano pezzi di carne tratti da un sacco con la forchetta. Nel 1944 mi spararono addosso. Finii in via Asti, volevano sapere come avevo avuto un lasciapassare tedesco. Prima però mi sporsero su una finestra, e urlavano: «O parli o ti buttiamo giù». Non parlai, sotto c’era gente che passeggiava. Inoltre ignoravo chi, in sede clandestina, mi aveva donato il documento.
Cosa fu la fine della guerra?
La gente ballava per le strade, angloamericani e francesi vendevano le loro pubblicazioni di propaganda. C’erano grandi speranze di rinnovamento. Io volevo uccidere l’ex prete fascista Gino Sottochiesa che aveva scritto sui giornali nazifascisti articoli contro gli ebrei fomentando la propaganda antisemita. Per fortuna non lo trovai. S’era nascosto in un convento.


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Carlo Levi

Chi si poteva incontrare a Torino negli anni ’50?
Presentai il libro di Pimo Levi, La tregua: era un personaggio solitario, malinconico. Ho frequentato Carlo Levi, Cesare Pavese e Leone Ginzburg: Pavese diceva che Carlo Levi era un po’ esibizionista. Natalia Ginzburg era mia compagna di classe al liceo Alfieri: a scuola scriveva componimenti erotici. Spiccava per la sua intelligenza.


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Aldo Capitini

Perché ha iniziato a difendere gli obiettori di coscienza?
Conobbi Aldo Capitini alla fine anni Quaranta. Mi fece conoscere il giovane sardo, Pietro Pinna, che aveva rifiutato di impugnare le armi e io lo difesi il 31 agosto 1949 dinnanzi al Tribunale Militare di Torino. Fu un processo clamoroso, vennero giornalisti dall’estero. Da allora ho difeso centinaia di obiettori in tutti i Tribunali Militari d’Italia, perché mi convinsi che la nonviolenza è forza non debolezza. Lo stesso ho fatto con i giudizi per il divorzio. Oggi è tutto normale. La Storia ha bisogno, a volte, di punti di rottura.

sabato 22 aprile 2017

Ancora in calo la quotazione del petrolio, il greggio Opec ad alto prezzo non ha più mercato



Questa settimana il prezzo del petrolio ha perso nuovamente il 3% della quotazione di inizio settimana. Il WTI è ora leggermente superiore a 50$ il barile e il Brent a 53$.

Come al solito la diminuzione di prezzo viene attribuita solo allo sviluppo eccezionale dello shale gas, ma non è solo questa la causa dei bassi prezzi del petrolio.
I media hanno scritto che nel 2017 comunque l' incremento della produzione Opec dovrebbe essere superiore all' incremento della produzione non Opec. Ricordo che la produzione non Opec è al momento sui 55 milioni di barili il giorno mentre il greggio Opec è attorno a 32 mb/g. I paesi non Opec senza gli USA nel 2017 dovrebbero ancora diminuire leggermente la produzione, e tutto l' incremento non Opec è dovuto agli Stati Uniti.

Quindi l'Opec nel 2017 espande comunque il proprio mercato,

 ma c'è una concorrenza anche all' interno dell' Opec, soprattutto tra Arabia saudita e Iran-Iraq, e soprattutto i paesi Opec mantengono la loro quota di mercato solo con prezzi bassi.

Se i prezzi risalissero, riprenderebbe molta la produzione non Opec, non solo lo shale gas USA, ci sarebbe un incremento delle rinnovabili e la domanda di petrolio, già avviata al suo picco massimo, avrebbe una battuta d' arresto ulteriore. In caso poi di una nuova crisi finanziaria, la domanda di greggio probabilmente non toccherebbe più i livelli attuali.

Insomma, ci stiamo avvicinando al picco massimo della domanda petrolifera e l' incremento della domanda sta progressivamente calando.

Una stima dell' Iea fissa questo momento nel 2040 a 103 mb/g contro gli attuali 97 mb/g. Come vedete in 23 anni ci sarebbe un incremento di pochi milioni di barili il giorno, mentre per il solo 2017 l' incremento stimato è superiore a 1 mb/g.

Le conseguenze di questa transizione sono imprevedibili e se le analizzassimo subito potrebbero essere meno catastrofiche. Continuerò quindi a segnalare il processo in corso che ritengo inelluttabile e molto vicino.

Marco Palombo

giovedì 20 aprile 2017

"Siamo una Repubblica delle Banane e tutti noi le coltiviamo". I commenti all'appello di A.Zanotelli "Fermiamo i signori della guerra"



"Siamo una Repubblica delle Banane e tutti noi le coltiviamo".

Questa frase è uno dei primi tra i 250 commenti presenti nelle 1.200 adesioni, al 19 aprile, raccolte dall' appello di Alex Zanotelli " Fermiamo i signori della guerra".

Nello scritto del padre comboniano si descrive il momento attuale di guerre sanguinose e di riarmo ulteriore, si attacca con decisione la politica di guerra del governo guidato dal Partito Democratico e della Nato e si propone una marcia Perugia Assisi, straordinaria nei tempi, ma soprattutto diversa dalle precedenti perché finalizzata ad un obiettivo specifico, l' appoggio a chi, in una Conferenza ONU nel mese di giugno, tenterà di mettere le armi atomiche fuori legge.

Le decine di commenti scritti sul web dai firmatari della petizioni dimostrano, molto più del numero delle adesioni, quanto sia sentita nel nostro paese l' opposizione alla guerra e l' aspirazione alla pace. Cercherò di riportare tutte le espressioni scritte dalle donne e dagli uomini in questi giorni fuori dallo spazio angusto dell' elenco dei firmatari,

ma soprattutto invito tutti a trovare i modi di esprimere la loro opinione sulla situazione attuale che vede guerre sanguinose e distruttive e rischia addirittura di innescare guerre più allargate e con armi più distruttive.

Descriverò velocemente le caratteristiche principali dei messaggi che i firmatari hanno postato, scrivendo in uno spazio dove si chiedeva loro il perché avessero firmato la petizione ma, repetita iuvant,

vorrei soprattutto indurre tutti ad esprimere, come preferiscono, la loro opposizione alla guerra.

Guerra e Pace,
rimangono le parole chiave più usate nel definire i conflitti armati.

Guerra
"Basta guerre!", "Fermare le guerre e i loro signori", "Diciamo basta a tutte le guerre", "Guerra alla guerra", "L'Italia ripudi davvero le guerre", "Voglio un mondo senza guerre", "Odio la guerra", Detesto la guerra", "Odio le guerre! Aborro le guerre ! Ergastolo a vita agli uomini della guerra!",

"Con le guerre nessuno vince", "La guerra non si vince, con la guerra  si è tutti perdenti".

Pace
"Pace!", "Voglio la pace", "Sono per la pace", "Sono a favore della pace", "Credo nella pace",
"Perché è necessario che il mondo cerchi la pace", "C'è bisogno urgentemente di Pace, Pace, Pace!"

"Sia forte la voce della pace"

Indifferenza
Una' altra parola molto usata è "Indifferenza", "l' indifferenza complice degli interessi cinici e spietati di chi trae profitto dalla guerra",

Ci sono poi nei commenti le firme delle associazioni che aderiscono
"Peacelink", "Centro Gandhi", "Mir, movimento internazionale per la riconciliazione, sezione italiana",

I richiami alla "Famiglia", "le persone a cui vogliamo bene"

Si esprimono anche ansie
"Ho paura" "Perchè ora non posso fare altro"

Chiudo ricordando che la prima marcia della pace nel 1961 fu raccontata sul quotidiano Paese Sera dal giornalista-poeta Gianni Rodari, al comizio finale parlò il pittore Renato Guttuso, lo scrittore Italo Calvino portava lo striscione d' apertura.

Si è necessaria una marcia straordinaria Perugia Assisi in questa primavera, e deve somigliare alla prima organizzata da Aldo Capitini nel 1961.

Marco Palombo

lunedì 17 aprile 2017

Fermiamo i signori della guerra - per una Perugia-Assisi straordinaria

APPELLO
FERMIAMO I SIGNORI DELLA GUERRA
di Alex Zanotelli

E' possibile firmare on line a sostegno di questa proposta al kink
https://www.petizioni24.com/fermiamoisignoridellaguerra

Trovo vergognosa l’indifferenza con cui noi assistiamo a una ‘guerra mondiale a pezzetti’ , a una carneficina spaventosa come quella in Siria, a un attacco missilistico da parte di Trump contro la base militare di Hayrat in Siria ,ora allo sgancio della Super- Bomba GBU-43( la madre di tutte le bombe) in Afghanistan e a un’incombente minaccia nucleare.
L’Italia , secondo l’Osservatorio sulle armi , spendere quest’anno 23 miliardi di euro in armi (l’1,18% del Pil) che significa 64 milioni di euro al giorno! Ora Trump, che porterà il bilancio militare USA a 700 miliardi di dollari, sta premendo perché l’Italia arrivi al 2% del Pil che significherebbe 100 milioni di euro al giorno. “Pronti a rivedere le spese militari- ha risposto la ministra della Difesa R. Pinotti- come ce lo chiede l’America .”La Pinotti ha annunciato anche che vuole realizzare il Pentagono italiano a Centocelle (Roma) dove sorgerà una nuova struttura con i vertici di tutte le forze armate. La nostra ministra della Difesa ha inoltre preparato il Libro Bianco della Difesa in cui si afferma che l’Italia andrà in guerra ovunque i suoi interessi vitali saranno minacciati. E’ un autentico golpe democratico che cancella l’articolo 11 della Costituzione. Dobbiamo appellarci al Parlamento italiano perchè non lo approvi. Il Libro Bianco inoltre definisce l’industria militare italiana ‘pilastro del Sistema paese’ . ” Infatti nel 2015 abbiamo esportato armi pesanti per un valore di oltre sette miliardi di euro! Vendendo armi ai peggiori regimi come l’Arabia Saudita . Questo in barba alla legge 185/90 che vieta la vendita di armi a paesi in guerra o dove i diritti umani sono violati. L’Arabia Saudita è in guerra contro lo Yemen, dove vengono bombardati perfino i civili con orribili tecniche speciali. Secondo l’ONU, nello Yemen è in atto una delle più gravi crisi umanitarie del Pianeta. All’Arabia Saudita abbiamo venduto bombe aeree MK82, MK83, MK84, prodotte dall’azienda RMW Italia con sede legale a Ghedi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna. Abbiamo venduto armi anche al Qatar e agli Emirati arabi con cui quei paesi armano i gruppi jihadisti in Iraq, in Libia, ma soprattutto in Siria dov’è in atto una delle guerre più spaventose del Medio Oriente.In sei anni di guerra ci sono stati 500.000 morti e dodici milioni di rifugiati o sfollati su una popolazione di 22 milioni! Come italiani, stiamo assistendo indifferenti alla tragica guerra civile in Libia, da noi causata con la guerra contro Gheddafi. E ora , per fermare il flusso dei migranti, abbiamo avuto la spudoratezza di firmare un Memorandum con il governo libico di El Serraj che non riesce neanche a controllare Tripoli. E così aiutiamo la Libia a frantumarsi ancora di più. E con altrettanta noncuranza assistiamo a guerre in Sud Sudan, Somalia, Sudan, Centrafrica, Mali. Senza parlare di ciò che avviene nel cuore dell’Africa in Congo e Burundi. E siamo in guerra in Afghanistan : una guerra che dura da 15 anni ed è costata agli italiani 6,6 miliardi di euro.
Mentre in Europa stiamo assistendo in silenzio al nuovo schieramento della NATO nei paesi baltici e nei paesi confinanti con la Russia. In Romania, la NATO ha schierato razzi anti-missili e altrettanto ha fatto in Polonia a Redzikovo. Ben cinquemila soldati americani sono stati spostati in quei paesi. Anche il nostro governo ha inviato 140 soldati italiani in Lettonia. Mosca ha risposto schierando a Kalinin- grad Iscander ordigni atomici, i 135-30. Siamo ritornati alla Guerra Fredda con il terrore nucleare incombente. (La lancetta dell’Orologio dell’Apocalisse a New York è stata spostata a due minuti dalla mezzanotte come ai tempi della Guerra Fredda).
Ecco perché all’ONU si sta lavorando per un Trattato sul disarmo nucleare promosso dalle nazioni che non possiedono il nucleare, mentre le 9 nazioni che la possiedono non vi partecipano. E’ incredibile che il governo Gentiloni ritenga che tale Conferenza “costituisca un elemento fortemente divisivo “, per cui l’Italia non vi partecipa. Eppure l’Italia, secondo le stime della Federation of American Scientists, ha sul territorio almeno una settantina di vecchie bombe atomiche che ora verranno rimpiazzate dalle più micidiali B61-12. E dovremmo mettere in conto anche la possibilità, segnalata sempre dalla FAS, di Cruise con testata atomica a bordo della VI Flotta USA con comando a Napoli. Quanta ipocrisia da parte del nostro governo!
Davanti a una così grave situazione, non riesco a capire il quasi silenzio del movimento italiano per la pace. Una cosa è chiara: siamo frantumati in tanti rivoli, ognuno occupato a portare avanti le proprie istanze! Quand’è che decideremo di metterci insieme e di scendere unitariamente in piazza per contestare un governo sempre più guerrafondaio? Perché non rimettiamo tutti le bandiere della pace sui nostri balconi?Ma ancora più male mi fa il silenzio della CEI e delle comunità cristiane. Questo nonostante le forti prese di posizione sulla guerra di Papa Francesco. E’ un magistero il suo, di una lucidità e forza straordinaria. Quando verrà recepito dai nostri vescovi, sacerdoti, comunità cristiane? Dopo il suo recente messaggio inviato alla Conferenza ONU, in cui ci dice che “ dobbiamo impegnarci per un mondo senza armi nucleari”, non si potrebbe pensare a una straordinaria Perugia- Assisi, promossa dalle realtà ecclesiali insieme a tutte le altre realtà, per dare forza al tentativo della Nazioni unite di mettere al bando le armi atomiche e dire basta alla ‘follia’ delle guerre e dell’industria delle armi? Sarebbe questo il regalo di Pasqua che Papa Francesco ci chiede: “Fermate i signori della guerra, la violenza distrugge il mondo e a guadagnarci sono solo loro.”

Alex Zanotelli

Napoli,14 Aprile 2017
Alfonso Navarra - 
 Movimento per la pace unitario 

venerdì 14 aprile 2017

Le sanzioni a un paese in guerra sono un crimine? Da "Crimini di guerra:Sanzioni"


Da "Crimini di guerra". Edizione Internazionale/Contrasto. A cura di Roy Gutman e David Rieff

Sanzioni
di Tom Gjelten

I bambini muoiono perchè gli ospedali non hanno le cure necessarie per curarli. Le fabbriche chiudono e la disoccupazione aumenta vertiginosamente perchè le imprese non possono importare i materiali di cui hanno bisogno o esportare i prodotti finiti. Gli alimenti di base sono così cari che una famiglia media non può permettersi di nutrirsi bene. Imporre sanzioni a un paese può essere considerato, in alcuni casi, un crimine di guerra ?


Se questa tesi non fosse stata sostenuta così spesso da personaggi di dubbia reputazione come Saddam Hussein o Sloban Milosevic, la questione potrebbe essere presa molto più seriamente. Quando uno Stato - o un gruppo di Stati - rifiuta di avere rapporti commerciali con un paese, è soprattutto la popolazione civile del paese oggetto delle sanzioni a farne le spese. Inevitabilmente, le sanzioni colpiscono persone innocenti, e in casi estremi possono costituire una violazione del diritto internazionale umanitario.

Le sanzioni assumono varie forme. L' articoli 41 della Carta delle Nazioni Unite autorizza il Consiglio di sicurezza a prendere "provvedimenti che non implicano l' uso delle armi (...) per imporre le proprie decisioni (...). Tra questi può esserci la parziale o totale interruzione dei rapporti commerciali e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio e di altro genere, oltre alla rottura dei rapporti diplomatici". I provvedimenti di embargo internazionali nei confronti di Rhodesia, libia, Haiti, Iraq e Jugoslavia sono stati decisi in base a questa disposizione. In alternativa, le sanzioni possono essere imposte da un' organizzazione regionale, come ha fatto l' Unione europea nel caso della Jugoslavia. Possono anche essere decise unilateralmente, da un paese nei confronti di un altro, come nel caso dell' embargo commerciale statunitense contro Cuba.

Una distinzione importante va fatta per le sanzioni imposte o applicate in tempo di guerra da una o più parti in conflitto. Il diritto internazionale umanitario non è applicabile in assenza di conflitto armato. Questo significa che le sanzioni "di pace", come quelle contro Cuba, la Libia, la Rhodesia e la Jugoslavia, possono essere contestate sul piano morale o politico, ma non possono essere considerate crimini di guerra. I sostenitori delle sanzioni economiche possono addirittura giustificarle presentandole come un' alternativa all' azione militare.

Nel caso dell' Iraq, gli stati Uniti e gli altri paesi applicarono le sanzioni prima di cominciare la guerra del Golfo, nel tentativo di costringere il regime iracheno a ritirarsi dal vicino Kuwait, invaso nell' agosto del 1990. Ma i paesi che avevano preso la decisione, compresi gli Stati Uniti, continuarono a imporre le sanzioni in tempo di guerra, e quindi erano tenuti a rispettare il diritto umanitario internazionale.

Il primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle convenzioni di Ginevra del 1949 vieta in tempo di guerra qualsiasi provvedimento che abbia come effetto quello di privare la popolazione civile dei mezzi indispensabili alla sopravvivenza. L' articolo 70 del Primo protocollo impone operazioni di soccorso alle popolazioni civili "non adeguatamente fornite" di mezzi di sussistenza. L' articolo 18 del Secondo protocollo impone l' obbligo di soccorrere le popolazioni civili " in gravi difficoltà a causa della mancanza di mezzi necessari alla sopravvivenza, come cibo e forniture mediche". Queste disposizioni stabiliscono i limiti legali che rendono accettabili le sanzioni, anche se a volte possono essere soggette a interpretazioni. L' embargo delle Nazioni Unite contro l' Iraq non prevede aiuti "umanitari" , ma alcuni critici sostengono che comunque le sanzioni causano eccessiva sofferenza alla popolazione.

Altre disposizioni del diritto internazionale limitano la portata e la durezza delle sanzioni economiche. L' articolo 33 della Quarta Convenzione di Ginevra (che ha come oggetto la protezione dei civili in tempo di guerra), per esempio, proibisce le "sanzioni collettive". Il Commentario delle Convenzioni del Comitato internazionale della Croce Rossa interpretava questa disposizione come una proibizione a infliggere "punizioni di qualsiasi tipo a singole persone o a interi gruppi in violazione dei più elementari principi umanitari, per azioni che queste persone non hanno commesso".
I sostenitori delle sanzioni potrebbero difendere i provvedimenti che non tengono conto di queste restrinzioni affermando che non costituiscono una punizione collettiva perchè sono rivolti contro i governi, non contro le persone, e i danni collaterali rivolti ai civili sono disgrazie non intenzionali. Nel caso dell' Iraq, tuttavia, questa tesi ha perso validità quando le autorità statunitensi hanno lasciato chiaramente intendere che le sanzioni avevano lo scopo di creare condizioni di disagio nel paese per costringere la popolazione a rovesciare il governo.

Le sanzioni in tempo di pace possono essere valutate sulla base di considerazioni morali o politiche piuttosto che giuridiche. La Conferenza dei Vescovi cattolici degli Stati Uniti ha dichiarato che "le sanzioni possono costituire una alternativa non militare alla terribile scelta della guerra o all' indifferenza di fronte all' aggressione e all' ingiustizia". Ma alcuni esperti di filosofia politica non sono d' accordo, e sostengono che delle sanzioni applicate in modo aggressivo anche in assenza di conflitto armato, possono essere considerate una forma di assedio e sono quindi discutibili. Le sanzioni rischiano di diventare una forma di guerra contro i civili, intrapresa da governi non disposti a pagare il prezzo necessario per attaccare direttamente un regime nemico.
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mercoledì 12 aprile 2017

Trump, Cop21 di Parigi, picco della domanda di petrolio, guerra. L’ interpretazione generalmente accettata e quella che propongo di seguire con attenzione


Su Trump, Accordi COP21, petrolio e guerre molti osservatori e molta opinione pubblica, anche la minoranza ben informata, concordano con queste tesi:

 Trump si disinteressa del clima e dell’ ambiente. Il petrolio non è più un problema per gli USA. Trump è un pragmatico e si interessa solo di affari, non farà guerre. In questo momento è però ricattato, il sistema lo controlla.

Io vi propongo però qualche altra sequenza logica.

La domanda di petrolio crescerà ormai pochissimo e potrebbe iniziare a diminuire molto presto.

L’ Iea, agenzia energetica OCSE, cioè dei paesi industrializzati, negli scenari possibili che ha ipotizzato nel suo ultimo rapporto ne ha inserito anche uno nel caso il mondo facesse veramente quello che ha concordato a Parigi nella conferenza sul riscaldamento globale.

Se gli accordi di Parigi fossero nel complesso rispettati, la domanda di petrolio toccherebbe il suo massimo nel 2020. 

Non crescerebbe più. In un altro scenario possibile l’ Iea aveva invece posizionato il picco della domanda di petrolio nel 2040. In questo caso, nell’anno indicato la produzione sarebbe arrivata a 103 mb/g, rispetto ai 95 mb/g del 2017. Tutto sommato quindi, ormai nel futuro l’ incremento della domanda petrolifera sarebbe molto modesto. 

Nel 2040 la percentuale di produzione dell’ Opec  dovrebbe passare dall’ attuale 35% al 50%.

E’ evidente quindi che la domanda debole terrebbe bassi i prezzi, e comunque aumenterebbe l’ importanza della produzione Opec e soprattutto mediorientale.
Se gli Stati Uniti perseguissero con decisione gli obiettivi di Parigi, la transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili avrebbe una grande accelerazione. 

Considerato anche che l'energia prodotta dalle rinnovabili diminuisce e non aumenta, come invece sostengono sempre i media italiani, il prezzo dell' energia elettrica.

Ma questo cambierebbe anche gli equilibri economici del pianeta. 

Perderebbero ricchezza e importanza strategica tutti i paesi che lavorano con le fonti fossili. Chi le ha nel suo sottosuolo o chi ha le imprese energetiche che controllano la quasi totalità della produzione fossile.
Acquisterebbero invece forza economica i paesi tecnologicamente avanzati che  avevano un peso relativamente piccolo nell’ industria fossile.
Salirebbero dunque: Cina, Giappone, India, Germania.
Calerebbero USA, Gran Bretagna, e le petromonarchie del Golfo. Iran ed Iraq, colpite per anni da sanzioni economiche che ne hanno frenato lo sviluppo produttivo, riuscirebbero a tenere le posizioni. La Russia che probabilmente è vicinissima al suo picco produttivo avrebbe interesse invece al mercato petrolifero mediorientale. Così come la Cina, che sta calando la produzione e nello stesso tempo sta ancora incrementando la domanda a ritmi alti.

Il quadro sintetico che ne deriva sarebbe dunque:
Se fosse attuato l’ accordo Cop 21 di Parigi, cioè se Trump facesse quello che gli USA si sono impegnati a fare,
allora la domanda di petrolio smetterebbe di crescere già dal 2020.
Cina, India,Giappone, Germania acquisterebbero forza economica e strategica,
 USA, Gran Bretagna ed alleati del Golfo ne perderebbero.
Aumenterebbero le tensioni in Medio Oriente perché il greggio della regione interesserebbe molto più di ora a Cina e Russia.
Uno scenario negativo per gli USA che potrebbe portarli ad una guerra per evitarlo.


Marco Palombo

lunedì 10 aprile 2017

G7 energia, gli USA bloccano la dichiarazione congiunta



Ansa
Il G7 energia, che si è svolto ieri e oggi a Roma, si è concluso senza una dichiarazione congiunta da parte dei ministri dei sette paesi. Lo ha annunciato il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, spiegando che "non è stato possibile firmare una dichiarazione congiunta su tutti i punti" dal momento che "l'amministrazione Usa si trova in un processo di revisione" della politica energetica in particolare sul tema del climate change e dell'accordo di Parigi.

Martedì riuniti a Lucca gli "Amici" della Siria, i paesi che sostengono i gruppi armati contro il governo siriano.



Nella foto, riunione del gruppo Amici della Siria a Roma nel febbraio 2013.
Un' attivista della Rete No War spiega come in realtà si stiano aiutando gruppi terroristi. Alla destra del cartello vediamo Khatib, in quel momento a capo dell' opposizione siriana, alla sinistra Kerry, segretario di stato USA. L' esponente siriano alcuni mesi prima aveva criticato gli USA per aver messo al Nusra nella lista dei gruppi terroristi. nelle settimane successive all' incontro di Roma ci fu un tentativo di unificazione dell' Isis con al Nusra, bloccato dal capo di al Qaeda. Al Nusra è tuttora alleato dei gruppi armati sostenuti dall' occidente. Gli Amici della Siria si sono riuniti dal 2013 convocando 11 paesi Turchia, monarchie del Golfo e USA,Germania, Gran Bretagna, Italia e Francia. Questa volta si aggiungono Canada e Giappone presenti al G7.

Da repubblica.it

Alfano convoca a Lucca riunione allargata e speciale. Obiettivo: fermare escalation militare

LUCCA - Il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha convocato per martedì mattina al Palazzo Ducale di Lucca, collateralmente al G7, una riunione speciale sulla Siria, allargata ai ministri degli Esteri di Turchia, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania, Qatar.

All' iniziativa, collaterale al G7, parteciperanno i ministri degli esteri di Turchia, Qatar, Emirati arabi, Arabia saudita, Giordania. La decisione del ministro degli esteri, condivisa dagli omologhi tedesco, britannico e francese del ministro Alfano, per rilanciare il processo politico siriano dopo il bombardamento americano deciso da Trump.

Questa decisione è stata presa con la condivisione degli omologhi tedesco, britannico e francese di Alfano, i ministri Sigmar Gabriel, Boris Johnson, Jean-Marc Ayrault. Attraverso colloqui telefonici, i quattro hanno concordato sulla necessità di un'iniziativa immediata per rilanciare il processo politico sulla Siria alla luce della decisione del presidente Trump di lanciare i missili su una base aerea del regime del regime di Damasco e al fine di scongiurare così una pericolosa escalation militare.

Dopo le dure accuse mosse a Trump da Russia e Iran, alleati del dittatore siriano Assad, lo scenario di un incubo bellico di dimensioni e conseguenze realmente drammatiche ha subito un'accelerazione nelle ultime ore con la condanna dell'intervento unilaterale americano in Siria giunto dalla Corea del Nord. . 


sabato 8 aprile 2017

M.Acerbo,nuovo segretario Prc:"Opponiamoci alla guerra senza se e senza ma". Una svolta ? /1

Intanto diffondo l' intervento di Maurizio Acerbo mettendone in evidenza la frase che ho messo nel mio titolo. 
Spiego subito perchè, a differenza di molti, continuo nel 2017 a prestare attenzione alle dichiarazioni contro la guerra di esponenti del Prc.
Io conosco di persona solo il Prc della mia zona, Isola d'Elba, e qualcuno della provincia di Livorno. La sezione del mio paese è però sempre intitolata a Uberto Lupi, un professore di liceo poi divenuto ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione, che non era certo accomodante con la sinistra moderata. Nell' ultimo congresso di sezione a cui partecipò, nel 1996, io lo ricordo, spero non sbagliando, votare la mozione troskista contro l' appoggio al primo governo Prodi, e non per affinità ideologica ma solo perchè non era contento di sostenere il governo di centro sinistra. Altri esponenti della mia zona che conosco hanno fatto sempre politica solo per passione e con una capacità che altrove avrebbe avuto maggiori riconoscimenti. Inoltre il Prc, pur essendo ormai un piccolo partito, conta sempre su alcune migliaia di iscritti e probabilmente su alcune centinaia di attivisti, che servirebbero molto ad un nuovo movimento contro la guerra.
Cosi' pubblicizzo l' intervento di Maurizio Acerbo, aspettandomi indifferenza. Ma credo che valga la pena di seguire questa posizione, sperando che sia davvero il segno di una svolta.
Marco Palombo
di Maurizio Acerbo*
Non essendo bastati i tagliagole dell’Isis e di Al Qaeida arruolati in tutto il mondo ora Trump e Erdogan intervengono direttamente con le loro armi. Le atrocità dello Stato islamico, la cui avanzata i russi hanno fermato, da tempo sono scomparse dalla scena mediatica per ridare fiato alla narrazione sulla ferocia di Assad che giustifica l’intervento contro il diritto internazionale nel territorio di uno stato sovrano.
L’uso dei corpi dei bambini asfissiati dal gas ammucchiati per le foto serve a Trump per legittimare l’aggressione. Non so chi abbia usato il gas, non sono esperto di cose militari e non so districarmi tra gli assassini. So che Assad ha a disposizione l’aviazione russa e sta vincendo sul terreno. Perché fare un autogol del genere? Qualcosa non quadra ma non voglio avventurarmi in congetture. Sul campo operano potenze che certo non sono nuove all’uso del terrore. Certo non sono Trump e Erdogan dei campioni di democrazia dietro le cui insegne marciare. Non sono certo gli integralisti islamici armati dall’occidente e dai suoi alleati sauditi e turchi i combattenti per la libertà. Non facciamoci arruolare. Non beviamoci le balle di chi ha seminato morte e distruzione dall’Iraq alla Libia. 
Opponiamoci alla guerra senza se e senza ma. 
Invece di destabilizzare e alimentare una guerra senza fine sosteniamo le forze come i curdi in Turchia e Siria che si battono per pace, giustizia sociale, tolleranza, democrazia. Accogliamo i profughi che fuggono dalla guerra come i nostri padri furono accolti quando fuggivano dalle città bombardate. E’ chiarissimo fin dall’inizio che i settori americani più imperialisti e i loro alleati non hanno lavorato per favorire una transizione democratica e una pacificazione ma per rovesciare un regime, dissolvere uno stato sovrano, trasformarlo in un altro ‘stato fallito’ come son definiti con linguaggio cinico Libia, Somalia, Iraq ecc.
Qualsiasi giudizio sul regime di Assad non giustifica la guerra per procura in atto da anni in Siria.
E’ da notarsi che come già accaduto con Libia e Iraq gli americani a parole combattono l’islamismo ma bombardano e colpiscono regimi che avevano tanti difetti ma certo non erano amici dell’integralismo.
I missili di Trump non sono al servizio della democrazia e dei diritti umani, l’attacco americano è un atto di terrorismo internazionale. Informazione e politica europee e italiane non si allineino a un presidente americano fascistoide. Riprendiamo il ruolo di pace e mediazione che ci spetta nel Mediterraneo e in Medio Oriente.
* segretario nazionale Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

giovedì 6 aprile 2017

COMUNICATO DELLA RETE NO WAR ROMA, DELLA LISTA NO NATO, E ISM-ITALIA SUI PERICOLI DI GUERRA INCOMBENTI




Roma, 7 aprile, ore 0,45

Le dichiarazioni della rappresentante degli Stati Uniti al Consiglio di Sicurezza dell'ONU, secondo cui gli USA potrebbero scatenare un intervento militare diretto in Siria anche senza l'autorizzazione dell'ONU, le analoghe dichiarazioni bellicose della UE e della NATO, le minacce al Presidente siriano Assad di Israele e Turchia , prefigurano un drammatico scenario di guerra ed allontanano ogni soluzione alla crisi siriana e Medio Orientale.
Già nel 2013, in occasione di un presunto attacco chimico dell'Esercito Siriano alla periferia di Damasco, rivelatosi poi una  provocazione  organizzata dai gruppi terroristi in difficoltà per causare un intervento armato degli USA a loro favore, si sfiorò una guerra aperta con il coinvolgimento di varie potenze. Il precipitare della crisi fu evitato da un oculato intervento della diplomazia russa. Pur incolpevole, la Siria accettò di eliminare per intero tutto il suo arsenale di sostanze e armi chimiche.

Oggi la storia si ripete con una nuova provocazione che riguarda l’accusa di un attacco chimico sulla provincia siriana di Idlib, da vari anni sotto il controllo dei terroristi di Al Qaida sostenuti da Turchia, Arabia Saudita, Qatar, da vari paesi occidentali e Israele.
Le accuse al governo siriano  provengono dalla stessa Al Qaida, da agenzie legate a paesi aggressoricome il Qatar e l’Arabia Saudita - Al Jazeera e Al Arabya - e da un’agenzia di notizie situata in Inghilterra (Osservatorio Siriano per i Diritti Umani - SOHR) che collabora da anni con i gruppi terroristi che tentano di destabilizzare la Siria. Questa è stata subito affiancata da ONG  dagli stessi indirizzi, come gli "Elmetti Bianchi", fondati da membri del servizio segreto britannico  e Medici Senza Frontiere, fondati dall’ex ministro degli esteri francese Kouchner, partecipe delle avventure belliche del presidente Sarkozy.

Nessun ragionamento viene fatto dai nostri mass media, come sempre al servizio dei governi occidentali e della NATO, sulla circostanza che il governo siriano, nel momento in cui stava prevalendomilitarmente e aveva ricevuto persino un esplicito riconoscimento da parte dell'amministrazione Trump per bocca del segretario di Stato Tillerson e della rappresentante USA all'ONU Haley, non aveva alcun interesse ad essere rimesso sul banco degli accusati con un'azione  senza senso e autolesionista.
Né si tiene conto delle dichiarazioni di parte russa e siriana, basate su rilievi satellitari, per cui l’esplosione è stata causata da un bombardamento siriano su quello che è poi risultato essere un deposito di armi chimiche allestito dai terroristi, né delle dichiarazioni di  testimoni locali, come il vescovo di AleppoCome numerose altre provocazioni terroristiche precedenti, in Siria e nel mondo, lo scopo della coalizione guerrafondaia di neocon, neoliberal, Israele, UE e Nato, è ancora una volta di chiudere qualsiasi  ipotesi di soluzione giusta in Siria e di ostacolare ogni dialogo costruttivo con la Russia. 

Invitiamo tutti i cittadini amanti della pace alla massima vigilanza, a valutare attentamente e contrastare le  false notizie diffuse per giustificare attacchi militari, come già avvenuto ad esempio in occasione delle presunte "armi di distruzione di massa" di Saddam. I propalatori di quelle false notizie, come Tony Blair (ufficialmente riconosciuto come bugiardo da una commissione parlamentare britannica) e George Bush, responsabili di milioni di morti, non hanno mai pagato per i loro crimini e anzi hanno ricevuto incarichi prestigiosi e ben remunerati. Il Presidente Assad, nominato con un regolare processo elettorale, è invece definito dittatore, come tutti coloro che difendono l’indipendenza del proprio paese dalle mire imperiali dei potentati occidentali, ed accusato, senza prove, di essere un criminale.

Invitiamo tutti i cittadini ad opporsi in ogni modo ai pericoli di guerra.

La guerra è una strada senza ritorno.

RETE NOWAR ROMA,  LISTA NO NATO, ISM-ITALIA

Con invito ad altre associazioni pacifiste a sottoscrivere il comunicato
scrivere a comitatononato@gmail.com

mercoledì 5 aprile 2017

Guerra siriana,le costanti:stragi quando negoziati,armi chimiche,Oss.Londra,Caschi bianchi ed altre



Nella lunga guerra siriana iniziata nel marzo del 2011 si sono ripetute alcune situazioni con un schema spesso fisso. Una ripetitività che è efficace solo per i nostri limiti, cioè di chi ha cercato di fare una informazione alternativa alla narrazione ufficiale occidentale, delle petromonarchie e della Turchia.

I soggetti costanti delle situazioni denunciate in una narrazione lunga ormai sei anni sono:

Vicinanza a negoziati
tutte le volte che si avvicina qualche negoziato si cerca di far saltare il tavolo di mediazione con episodi eclatanti, il più delle volte con stragi o denunce di fatti nei quali il governo siriano di Assad avrebbe compiuto crimini di guerra o peggio.

Ondus
La denucia di questi crimini viene dall' Osservatorio per i diritti umani di Londra

Caschi bianchi
Oppure negli ultimi anni, dai Caschi Bianchi,

Gas, Sarin,
L' uso di gas è spesso protagonista di questi episodi

Centinaia di articoli della controinformazione hanno spiegato dettagli sconosciuti al grande pubblico su Caschi Bianchi e Osservatorio di Londra ed hanno smascherato incongruenze delle denunce mediatiche,

Il lavoro di informazione alternativa svolto fino ad ora è stato eccezionale, ma non è sufficiente.
 Alcuni aspetti della guerra siriana, qualunque sarà il suo futuro, dovrebbero essere spiegati in modo sistematico.

Marco.P.

martedì 4 aprile 2017

Energia-Dibattito su proposte M5S. Da Gianni Silvestrini una prima risposta a Tabarelli, Nomisma Energia


Critica alla ragion fossile, e anche un po' nucleare

ll presidente di Nomisma Energia considera “irrealistico e fantasioso” il programma energetico del M5S che punta alla decarbonizzazione dell’economia italiana e considera addirittura un ritorno al nucleare. Silvestrini: "sue esternazioni con gli occhi rivolti al passato". Invece va progettata una “Energiewende” italiana.

Gianni Silvestrini
04 aprile 2017

da qualenergia.it

Mentre il mondo vive un esplosivo sviluppo delle energie rinnovabili c’è chi rema contro la storia, come Trump che si illude di ridare un futuro al carbone, destinato invece ad un inevitabile declino.

Nel nostro piccolo in Italia siamo costretti invece a leggere su Repubblica e Corriere le esternazioni con gli occhi rivolti al passato di Davide Tabarelli.

Il presidente di Nomisma Energia considera “irrealistico e fantasioso” il programma energetico dei 5 Stelle che punta alla decarbonizzazione dell’economia, ironizza sulla mobilità elettrica, si scaglia contro gli incentivi di cui godono le rinnovabili. Chiede di puntare sulle fossili nostrane e arriva ad auspicare un ritorno al nucleare, citando spudoratamente la centrale francese di Flamanville, senza dire che i suoi costi sono schizzati da 3,3 a 9 miliardi di euro e che la sua entrata in funzione viene continuamente rimandata.

Consigliamo a Tabarelli di analizzare con attenzione gli ambiziosi programmi per liberarsi dai fossili predisposti da un numero crescente di realtà, dalla Svezia alla Danimarca, dalla Francia alla Germania, dalla Svizzera alla California.

Sul richiamo al nucleare stendiamo un velo pietoso, dopo il fallimento di questi giorni della Westinghouse negli Stati Uniti e la grave crisi che ha colpito la francese Areva.

Tornando all’Italia, occorre avere una visione di lungo periodo e accompagnarla con scelte coerenti per accelerare la transizione energetica. E questo non sempre succede: si vedano le molte opposizioni locali alla realizzazione di impianti rinnovabili.

Oggi le straordinarie opportunità derivanti dal drastico calo dei prezzi di tecnologie “clean” rendono possibile e interessante anche dal punto di vista economico e occupazionale una “Energiewende” italiana.

Dalla riqualificazione energetica “spinta” del patrimonio edilizio, al rilancio del fotovoltaico attraverso la rimozione di assurde limitazioni, dalla mobilità elettrica da incentivare ad una rivisitazione dell’agricoltura e alla cura dei boschi.  Ed evitando, infine, investimenti rischiosi o addirittura inutili in uno scenario climatico.

Un rischio concreto, considerata la bulimica attrazione del governo verso un numero crescente di nuovi gasdotti.

Gianni Silvestrini
04 aprile 2017