martedì 14 ottobre 2014

Osservatorio sul petrolio e sui nessi con le guerre. 14 ottobre 2014.


Negli ultimi tre/quattro mesi si è verificato un brusco calo del prezzo del petrolio, il Brent è passato da 115 $/b a 87 $/b (14 ottobre), in coincidenza con una guerra in pieno Medio Oriente che coinvolge molti dei paesi con maggiori giacenze di petrolio. Un fenomeno mai accaduto.
Si legge che il prezzo potrebbe ulteriormente scendere fino a 70 $/b.

La prima causa di questo calo è stata individuata, per lo più dagli osservatori dei media generalisti, nella crescita della produzione USA dopo lo sviluppo della tecnica per l'estrazione dello shale gas.
In effetti la produzione USA è cresciuta negli ultimi anni di 3 mb/g (milioni di barili al giorno) su una produzione mondiale giornaliera di circa 85 mb/g. A questo aumento di produzione vanno aggiunti negli USA risparmi nel consumo di petrolio per 2 mb/g dal 2007. Risparmi che non sono stati difficilissimi visto che gli Stati uniti con il 5% della popolazione mondiale consumavano circa il 25% del petrolio mondiale.

Gli Usa consumano ancora oggi più petrolio di quanto ne producano, ai 10 mb/g prodotti devono aggiungere per i loro consumi ancora 7-8 mb/g acquistati all' estero. Tuttavia è  vero che circa 5 mb/g che prima venivano venduti negli USA ora sono nel mercato mondiale ad aumentare l' offerta. L' aumento USA comunque si è svolto nell' arco di cinque anni, il calo attuale è degli ultimi 3/4 mesi.

Ma anche l' Arabia saudita nella congiuntura attuale ha avuto un comportamento anomalo. Invece di operare con gli altri paesi Opec ad una diminuzione della produzione per tenere alto il prezzo, ha aumentato la sua quota prodotta ed ha diminuito i prezzi ai suoi clienti.  La spiegazione addotta per questo comportamento è stata la necessità di difendere la sua quota di mercato, non dagli USA, che ancora consumano più di quello che producono, ma dall' insieme dei produttori mondiali.

E' vero anche che la discesa del prezzo del greggio crea molti problemi al Venezuela (primo paese al mondo per riserve accertate) ed alla Russia (secondo paese produttore). Tanto che Caracas ha chiesto l' anticipo del vertice Opec previsto per il 27 novembre che discuterà inevitabilmente di questi temi.

Sul mercato sono presenti anche quantitativi di greggio al di fuori del controllo di stati nazionali. Il Kurdistan iracheno ora esporta il suo greggio con la protezione dell' Occidente. Un commercio che fino a giugno era già presente, ma senza il consenso del governo centrale iracheno. Il petrolio dell' Isis, secondo alcuni media (tra i quali la Stampa e Repubblica), potrebbe essere immesso, a 40$/b, direttamente nel mercato ufficiale della grandi compagnie petrolifere (per mezzo di passaggi illegali).

La Libia nell' ultimo anno si è divisa per i continui scontri armati interni e ad oggi la Tripolitania è controllata  dal Congresso generale nazionale (Gnc) a maggioranza islamista, mentre la Cirenaica è sotto il Consiglio dei rappresentati uscito dalle elezioni di giugno.  Bengasi a sua volta è controllata dagli islamisti come Ansar el Sharia. Nonostante questo, la produzione di greggio è risalita da circa 0,300 mb/g a 0,900 mb/g. Ma la raffineria di Zawya, le piattaforme offshore e la base ENI di Mellitah, sono controllate dagli islamisti e sicuramente quindi finanziano  milizie armate estranee ad ogni stato nazionale. I prezzi e la quota di produzione saranno anch' essi al di fuori di ogni accordo internazionale e finalizzate solo ai bisogni finanziari immediati delle milizie armate islamiche.

E' iniziata dunque una fase di grosse turbolenze nel mercato del greggio dalle conseguenze imprevedibili. Il crollo del prezzo per esempio mette in grossa difficoltà sia il Venezuela e la Russia sia la produzione USA da shale gas che costa ben 60$/b di sola estrazione e che non è quindi conveniente in caso di ulteriori ribassi del prezzo.

Per capire qualcosa della situazione non resta che seguirla costantemente.

Marco Palombo
14 ottobre 2014.

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