domenica 28 settembre 2014

Il sasso nello stagno.Il prezzo del greggio cala per i commerci dei gruppi armati?

Il sasso nello stagno.

In questi giorni molti organi di informazione si sono soffermati su due anomalie:

- Mentre infuria la guerra in Medio Oriente, e rischia di allargarsi ancora di più , il prezzo del greggio scende. Il petrolio ha perso infatti negli ultimi due mesi più del 10% del suo valore. Solitamente in situazioni del genere il prezzo invece si impenna.

- Si parla del commercio di petrolio dell' Isis, che dalla produzione di greggio ricaverebbe parte delle cifre ingenti con cui paga i suoi combattenti. In realtà anche i curdi iracheni hanno iniziato a fare più alla luce del sole quello che già facevano nonostante l' opposizione del governo centrale. Vendere cioè il loro petrolio direttamente, tramite la Turchia.(casualmente la stessa strada sospettata per il i traffici dell' Isis).
Ma  l' Unione europea autorizzo' anche i commerci con i gruppi armati dell' opposizione siriana, indicando la Coalizione siriana come interlocutore. Ma chi controlla realmente i territori dove il governo di Assad non ha più potere?
Lascio a voi la risposta.

Nessuno ancora ha ipotizzato che queste due anomalie potrebbero essere collegate tra loro, cioè che

il prezzo del greggio scenda perchè è commerciato illegalmente da molti gruppi armati.

. Il tema va seguito seriamente e mi piacerebbe  farlo con qualche persona degli ambienti che frequento (rete No War, redazione Sibialiria, Coordinamento per pace in Siria, che ha ora un suo sito, Siriapax.org).

Ma il sasso nello stagno lo voglio lanciare subito.

Marco

sabato 13 settembre 2014

Siria:"Chi ha fatto salire l'asino sul minareto, lo faccia scendere"

Dal manifesto del 13 settembre 2014
"Chi ha fatto salire l’asino sul minareto, lo faccia scendere "
—  Marinella Correggia, 12.9.2014
Siria. Intervista a padre George Abu Khazen, vicario apostolico di Aleppo: «Come si combatte l'Isis?»
Padre George Abu Kha­zen, liba­nese, è vica­rio apo­sto­lico dall’anno scorso di Aleppo, la straor­di­na­ria e sto­rica città per le sue vesti­gia cul­tu­rali, ora deva­stata dalla guerra civile in corso. Il vica­rio vive nella città siriana dal 2004. Lo abbiamo incon­trato a Roma.
Il pre­si­dente degli Stati uniti Barack Obama ha costruito un’«alleanza con­tro il calif­fato» che com­prende oltre a vari paesi della Nato, le petro­mo­nar­chie arabe. L’idea è bom­bar­dare anche la Siria…cosa ne pensa?
Nei paesi arabi c’è un pro­ver­bio: «Chi è riu­scito a far salire l’asino sul mina­reto, saprà anche come farlo scen­dere». Ebbene, chi lo ha fatto salire? In fondo lo ha detto la stessa Hil­lary Clin­ton: «Adesso com­bat­tiamo quel che abbiamo creato».
 Per fer­mare l’Isis e gli altri ter­ro­ri­sti, biso­gna prima di tutto imporre ad Ara­bia sau­dita, Qatar, Tur­chia e anche Usa di tagliare qua­lun­que rifor­ni­mento o finan­zia­mento agli assas­sini, anche quelli per vie tra­verse come è suc­cesso in Siria con il soste­gno alle varie bande armate. E poi chi com­pra a buon mer­cato il petro­lio ven­duto da que­sti taglia­gole? Io sono con il Santo padre, che ha detto di fer­marli, non di bom­bar­dare paesi. Abbiamo visto che gli inter­venti di guerra degli ame­ri­cani e dei loro alleati non sono mai andati a buon fine, in pas­sato, pro­vo­cando solo distru­zione e morte…Pensiamo all’Iraq, e alla Libia.
La con­vi­venza in Siria è finita?
In Siria con­vi­vono da secoli tanti gruppi reli­giosi. E tanti popoli: que­sto paese, ora ber­sa­gliato dalla guerra e dalle san­zioni eco­no­mi­che, in pas­sato ha accolto cen­ti­naia di migliaia di ira­cheni, pale­sti­nesi, liba­nesi, suda­nesi. E, sot­to­li­neo, non ha mai creato dei campi pro­fu­ghi fatti di tende, come adesso nei paesi cir­co­stanti, nei quali sono fug­giti tanti siriani. L’Isis, ma anche al Nusra e altri gruppi minac­ciano o ucci­dono chi non accetta il loro set­ta­ri­smo. Noi lo diciamo da anni ma non ci hanno ascol­tati; adesso tutto il Medio Oriente è a rischio, soprat­tutto se crol­lasse l’istituzione sta­tale in Siria.
Com’è la situa­zione ad Aleppo?
È tra­gica. Come in tutto il paese. Dopo que­sti anni di guerra, adesso l’avanzata dell’Isis in Iraq e anche verso Aleppo ter­ro­rizza ulte­rior­mente la popo­la­zione. Il 60% dei cri­stiani della città (erano circa 200mila) è andato via, se pos­si­bile all’estero. Sono rima­sti i poveri…Nei quar­tieri abi­tati in pre­va­lenza da cri­stiani ci si sente asse­diati, anche se un po’ più al sicuro per­ché sono con­trol­lati dall’esercito nazio­nale. A lungo i gruppi armati anti­go­ver­na­tivi – ai quali si mesco­lano anche delin­quenti comuni — hanno cir­con­dato buona parte di Aleppo.
 Man­cava tutto, pane, frutta, acqua, com­bu­sti­bile. Adesso c’è un pas­sag­gio per far entrare l’essenziale. Ma la vita è molto dif­fi­cile. Anche tutte le fab­bri­che sono distrutte, sac­cheg­giate. Non si lavora…solo chi è nella pub­blica ammi­ni­stra­zione o i pen­sio­nati hanno ancora una fonte di red­dito. Quanto agli ospe­dali, fun­zio­nano ma ai minimi ter­mini, e tanti medici sono andati via. Chi è rima­sto fa un ser­vi­zio enorme.
Cosa fanno i reli­giosi cri­stiani ad Aleppo?
Innan­zi­tutto va detto che per­fino fra i reli­giosi stra­nieri – donne e uomini — non se ne è andato nes­suno; abbiamo sul posto afri­cani, lati­noa­me­ri­cani, europei…Siamo attivi nell’assistenza uma­ni­ta­ria e nel con­forto. Cer­chiamo anche di ripri­sti­nare i ser­vizi; quando hanno fatto sal­tare l’acquedotto ho fatto sca­vare un pozzo, l’acqua era a 152 metri…un po’ tor­bida, ma che gioia.Le mense delle suore di madre Teresa, delle fran­ce­scane, dei fra­telli mari­sti, dei gesuiti fun­zio­nano per tutti, cri­stiani e musul­mani. Un’organizzazione cari­ta­te­vole musul­mana che dà allog­gio ad anziani e disa­bili si è tro­vata ad un certo momento in piena zona di bat­ta­glia; si sono spo­stati da noi, nella casa chia­mata «Gesù ope­raio». È così in tanti posti. Que­sto aiu­terà la ricon­ci­lia­zione, se e quando la guerra finirà. Se dall’esterno smet­te­ranno di sostenerla.
http://ilmanifesto.info/chi-ha-fatto-salire-lasino-sul-minareto-lo-faccia-scendere/

sabato 6 settembre 2014

Per la pace in Siria, 7 settembre - Una giornata di preghiera e un rosario di pallottole

Vicariato Apostolico della Siria
Vicariat Apostolique Syrie ha aggiunto 2 nuove foto.
Domenica 7 settembre 2014:
Una giornata di preghiera e un rosario di pallottole
Ad un anno dalla giornata di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco per la Siria, il Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria propone un momento di preghiera e riflessione per questo martoriato Paese e per i suoi fedeli
Le foto di Samaan Daoud mostrano una Aleppo distrutta e Monsignor Georges Abu Khazen (successore di Monsignor Nazzaro ed attuale Vicario Apostolico di Aleppo) con un rosario di pallottole fatto con i proiettili raccolti intorno alla sua sede di Aleppo
LE INTENZIONI DI PREGHIERA DA NOI PROPOSTE :
A un anno dalla storica Giornata di Preghiera per la Pace in Siria proclamata da Papa Francesco, rinnoviamo oggi con le parole del Papa il grido al Cielo per la Pace in Siria, da parte di tutto il popolo cristiano:
Per i nostri fratelli in Siria indifesi e perseguitati, ricordando che sono nel cuore della Chiesa e che la Chiesa soffre con loro ed è fiera di loro, fiera di avere tali figli, perché sono la sua forza e la testimonianza concreta e autentica del suo messaggio di salvezza, di perdono e di amore, perché il Signore li benedica e li protegga sempre, preghiamo:
Ricordando le parole di Papa Francesco, che ci ha detto che la chiesa è Madre e, come tutte le madri, sa accompagnare il figlio bisognoso, sollevare il figlio caduto, curare il malato, cercare il perduto e scuotere quello addormentato e anche difendere i figli indifesi e perseguitati, preghiamo per i nostri fratelli cristiani che soffrono persecuzione in Siria, in Iraq e in molte parti del mondo. Perché il Signore li accompagni e sostenga il loro cammino, preghiamo

Mogherini-Ucraina-Russia-Aiutino involontario di una pacifista (amica?).


Il 4 settembre sul sito della rete Disarmo è stato pubblicato l' articolo che segue. E' stato tradotto da Lisa Clark della rete Disarmo che negli ultimi anni ha collaborato moltissimo con la ministra degli esteri Mogherini.

Di questo si può vedere un esempio nel secondo articolo riportato.

E' sicuramente un caso che l' articolo sia uscito il giorno che la Nato ha deciso 5 nuove basi nell' Est Europa,

ma qualche lettore potrebbe capire che i pacifisti italiani sono d' accordo con la Nato riguardo all' "atteggiamento belligerante" della Russia.

e nel giorno delle 5 nuove basi Nato nell' est Europa potrebbe essere, secondo me, un piccolo aiuto alla ministra.

Trovo quindi inopportuna la pubblicazione dell' articolo, presente inoltre automaticamente  nella Home page di Peacelink e pubblicato anche da Azione Nonviolenta.it il sito del giornale del Movimento Nonviolento.

Marcopa

Perché la Nato farebbe bene ad eliminare le sue nucleari tattiche, nonostante l'atteggiamento belligerante della Russia

tradotto da Lisa Clark, Rete Italiana per il Disarmo

4 settembre 2014 - Hans M. Kristensen, Adam Mount

I leader che si riuniscono al vertice della Nato in Galles si troveranno, ancora una volta, di fronte alla necessità di dover decidere cosa fare delle armi nucleari custodite nelle basi Nato sparse per l'Europa. Si tratta di una rimanenza della Guerra Fredda, quando si riteneva che il dispiegamento su suolo europeo di quelle bombe statunitensi potesse azzerare le ambizioni nucleari degli alleati europei e anche rafforzare l'alleanza minacciata. Quasi 200 di queste bombe tattiche sono tuttora in alcune basi in Belgio, Paesi Bassi, Germania, Italia e Turchia.

Alcuni commentatori hanno sostenuto recentemente che l'aggressione della Russia nei confronti dell'Ucraina orientale dimostri che tali armi sono necessarie oggi più che mai. I fatti, invece, mostrano che è vero il contrario: le armi nucleari tattiche statunitensi distolgono risorse e attenzione da altre iniziative di difesa che sarebbero molto più utili.

NATO Nuclear In primo luogo, niente fa pensare che queste armi abbiano avuto la benché minima influenza sulle decisioni trasgressive del Presidente russo Putin in Ucraina, Georgia o negli Stati baltici. La Russia ha scelto di agire in maniera aggressiva, nonostante la presenza delle nucleari tattiche in altri Stati europei. Né si può affermare che la presenza di queste bombe abbia rassicurato gli alleati dell'est europeo sull'impegno statunitense a difenderli. I nuovi membri della Nato, più geograficamente vicini alla Russia, sembrano anzi essere più preoccupati che mai: cercano sostegno e rassicurazione dalle forze non-nucleari dell'occidente. Il motivo per cui le armi nucleari tattiche risultano totalmente irrilevanti è il seguente: la minaccia nei confronti del territorio Nato non è sufficientemente grave per avallare un ruolo delle armi nucleari.

Inoltre, i leader riuniti a Cardiff farebbero bene a non trascurare le continue richieste da parte degli alleati Nato che ospitano le nucleari tattiche affinché queste siano rimosse. Considerare più importanti le richieste dell'Estonia e della Lettonia, che chiedono di essere difesi dalla Russia, rispetto alle richieste della Germania e del Belgio, che chiedono che le proprie basi vengano liberate dalla presenza delle bombe nucleari, può essere una scommessa molto pericolosa: anzitutto perché ignora totalmente la necessità di raggiungere il consenso tra tutti i membri dell'alleanza. Sarà necessario invece raggiungere un compromesso sostanziale per risolvere la questione. Alcuni commentatori continuano a sostenere che queste poche bombe, dispiegate a grande distanza dagli Stati baltici, offrano realmente una garanzia ai leader di quei paesi. Ma, nel fare ciò, trascurano e si lasciano sfuggire un'opportunità di cruciale importanza: la possibilità di spostare i fondi dalla missione nucleare tattica per coprire i costi di un sistema di difesa capace di rispondere alle minacce che tali Stati devono realmente affrontare.

La creazione recente di una forza Nato di Rapida reazione è un esempio di risposta convenzionale alle minacce convenzionali cui devono far fronte gli alleati orientali. A Cardiff, i leader della Nato farebbero bene a concordare azioni come questa, rafforzate anche da un più efficace coordinamento nella deterrenza e difesa dalle minacce cibernetiche; come pure altre iniziative che garantiscano che le forze esistenti della Nato, se necessario, riescano ad entrare in azione in maniera efficace. Poiché è improbabile che gli Stati della Nato prevedano un aumento significativo degli attuali livelli di spese militari, il mantenimento di costosissime armi nucleari tattiche in Europa finisce per distogliere le risorse che servono urgentemente per rafforzare le forze non-nucleari.

La Nato è e rimane un'alleanza nucleare, ma come sottolineato nel Concetto strategico del 2010 la “garanzia suprema della sicurezza degli alleati è affidata alle forze nucleari strategiche” dei membri dell'alleanza. Coloro che sostengono – quasi come un riflesso condizionato – che le bombe tattiche sono necessarie per dimostrare la serietà dell'impegno USA a difendere la sicurezza europea stanno equivocando la questione con l'impegno alla difesa reciproca degli alleati (con forze convenzionali, quindi). E' l'arsenale strategico statunitense che rende la Nato un'alleanza nucleare, non le tattiche dispiegate in Europa. In giugno, quando il Pentagono decise di inviare un avvertimento nucleare alla Russia, quelle armi tattiche non furono considerate utili: gli Stati Uniti trasferirono bombardieri strategici in Europa.

Gli appelli a mantenere in Europa le armi nucleari tattiche fanno perdere di vista i notevoli benefici che offrirebbe la loro eliminazione. Per mantenere attivo e rafforzare il Trattato di Non Proliferazione, le potenze nucleari dovranno dimostrare di aver compiuto qualche passo verso il disarmo nucleare alla Conferenza di Riesame del TNP dell'anno prossimo. Il ritiro delle armi nucleari tattiche, per concentrarsi maggiormente su una difesa non-nucleare in Europa, invierebbe un segnale forte e chiaro: la Nato sta prendendo sul serio la promessa di “creare le condizioni per un mondo libero da armi nucleari”. Eliminando questa classe di armi – costosa ma militarmente insignificante – gli Stati Uniti potrebbe generare un risparmio notevole. E inoltre non rischierebbero di venir meno all'impegno assunto di non aumentare le forze nucleari in Europa: infatti, ad oggi è previsto un programma di ammodernamento del costo di oltre 10 miliardi di dollari che potenzierebbe le bombe B61 attualmente dispiegate in Europa, da utilizzarsi sui nuovi cacciabombardieri stealth F35.

Le bombe nucleari tattiche in Europa non sono più utili né per la difesa, né per la deterrenza, né per la rassicurazione degli alleati. Chi oggi chiede che tali armi restino in Europa propone una visione del passato e non una soluzione per il futuro. Quelle bombe sono una distrazione; contribuiscono a creare divisioni all'interno dell'alleanza, anziché unificarla. Presto dovranno essere affrontate delle decisioni circa l'ammodernamento di quelle armi e la costruzione degli aerei per trasportarle. Il vertice della Nato a Cardiff dovrebbe invece decidere di spostare le risorse disponibili verso le forze non-nucleari: per rafforzare l'alleanza ed offrire agli alleati europei una vera rassicurazione.

http://www.disarmo.org/ican/a/40572.html

UNA COSCIENZA CIVILE PER IL DISARMO NUCLEARE
Presentazione della campagna “SenzAtomica” per arrivare all’adozione di una convenzione sulle armi nucleari. Servizi di Sky e TG2 Storie

Roma, Palazzo Marini, 1 febbraio 2011

03/03/2011: Il 1 febbraio 2011 a Roma a Palazzo Marini, Camera dei Deputati, si è tenuta una conferenza di presentazione della campagna nazionale “SenzAtomica: trasformare lo spirito umano per un modo libero da armi nucleari”, attraverso la quale la Soka Gakkai si impegna concretamente nella campagna per il disarmo nucleare attraverso l’adozione di una convenzione sulle armi nucleari.


Erano presenti diverse personalità che da anni si impegnano in prima linea nella lotta al nucleare:

 l’onorevole Federica Mogherini, coordinatrice dei parlamentari impegnati nel disarmo nucleare, PNND;

Alberto Quattrucci della Comunità di Sant’Egidio;

Lisa Clark, rappresentante di Mayors for peace;

Fabrizio Battistelli dell’Archivio Disarmo; Francesco Calogero dell’USPID; Michele Di Paolantonio dell’IPPNW Italia; Betty Williams, premio Nobel per la pace 1976 e, per l’Istituto Buddista Soka Gakkai, Andrea Bottai. Il denominatore comune di tutti gli interventi è stato l’importanza del rispetto della vita umana e del risveglio delle coscienze individuali per realizzare l’obiettivo finale dell’abolizione totale delle armi nucleari.

Ospite d’eccezione giunto direttamente dal Giappone per partecipare all’evento, il sig. Shigeru Nonoyama – uno degli ultimi superstiti dell’esplosione della bomba atomica di Hiroshima – ha generosamente raccontato la sua drammatica esperienza sottolineando che finché avrà vita si batterà per l’eliminazione delle armi nucleari dal pianeta. La sua testimonianza può essere trasformata in decisioni e azioni di ciascuno di noi.
Con questa campagna si vuole infatti innescare una “cascata di eventi che generano eventi” per arrivare a sensibilizzare sull’argomento il maggior numero di persone. A tal fine si stanno organizzando in Italia numerosi eventi, come concerti e conferenze, al fine di creare una catena virtuosa di persone consapevoli che decidono di agire in concreto, per combattere l’ammissibilità dell’annientamento dell’altro e la nozione che le armi nucleari siano un male necessario.

La mostra SenzAtomica verrà inaugurata a Firenze il 26 marzo prossimo, dove rimarrà fino al 16 aprile; poi si sposterà a Milano e Roma e in ogni altra città che la vorrà ospitare.

http://www.sgi-italia.org/press/Notizie.php?id=407